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Cenni storici sulle origini dell’arboreto
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L’Arboreto nasce nel secolo scorso come
parco-giardino, nei pressi della Villa che
i Lorena, Granduchi di Toscana, possedevano nel luogo dove
oggi sorge la Caserma del Corpo Forestale dello Stato: un
ambiente naturale adibito a scopo ornamentale. Successivamente
venne trasformato ed ampliato, da parte di Carlo Siemoni e
di altri studiosi ed appassionati, per poterlo utilizzare
in qualità di impianto per l'acclimatazione di specie
arboree esotiche, in commistione con piante autoctone di interesse
forestale.
I terreni sui quali si
trova l’impianto, hanno una storia molto antica in quanto
costituivano, intorno all’anno mille, il podere e gli orti
dei monaci benedettini dell'Abbazia
di S. Maria e San Benedetto a Prataglia. Le
prime notizie circa i luoghi sui quali sorge
l'attuale Arboreto, risalgono all’anno 980, cioè, a
quando alcuni monaci si stabiliscono in questa parte dell’Appennino
toscano fondandovi un’Abbazia.
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Nel 1809,
Napoleone nominò Granduchessa la sorella, Elisa
Maria Anna Bonaparte Baciocchi, già Principessa di Lucca
e Piombino. Durante il regno di quest'ultima nell'anno 1810,
in seguito all'applicazione delle normative atte a sopprimere la
proprietà ecclesiastica, l’Abbazia, i poderi che la circondavano,
e quindi anche il futuro arboreto, furono espropriati all'Ordine
Camaldolese e venduti ai Signori Eugenio e Filippo Biondi di Bibbiena,
che ne mantennero la proprietà anche dopo la restaurazione
dei Lorena, avvenuta dopo il Congresso di Vienna.
In seguito, detti territori furono acquistati dai Granduchi di Lorena,
nell'anno 1846, su indicazione dell'Ispettore Forestale Karl Simon
il quale dall'anno 1838, era Amministratore della Regia Foresta
di Casentino.
Karl Simon, italianizzato poi in
Carlo Siemoni, ingegnere forestale ed eccezionale esperto
in selvicoltura e botanica fu chiamato dal Granduca Leopoldo
II di Toscana, per rimediare alle condizioni critiche della
Foresta, naturaleconseguenza dei tagli indiscriminati operati
sia da parte dei monaci camaldolesi - che commerciavano il
legname - che dai coloni romagnoli - che appoderavano senza
autorizzazione vaste porzioni di foresta. Il Siemoni fu coadiuvato
da un altro forestale boemo, Antonio Seeland, nell'incarico
di redigere il piano di riordino e rimedio alla situazione
che di della foresta.
L'Arboreto faceva parte di un progetto ideato dal Siemoni,
poi continuato dai figli Edoardo e Carlo, a loro volta amministratori
dei possedimenti dei Lorena dopo la morte del padre (avvenuta
nel 1878 presso Sala di Pratovecchio) . Tale progetto
riguardava la sperimentazione e l'acclimatazione di specie
forestali esotiche, che potessero dare un rendimento sempre
maggiore, in termini sia qualitativi che quantitativi del
legname, in previsione di una loro eventuale introduzione
nella Foresta.
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Il piano prevedeva, inoltre, tutta una serie
di interventi e di innovazioni nella gestione del
patrimonio forestale.
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la realizzazione di
vasti impianti di castagneti
-
la trasformazione di
vecchi pascoli e zone degradate in boschi di conifere
-
l’introduzione della
tecnica del diradamento
- la costruzione di nuove strade - in sostituzione
di quelle vecchie realizzate ai tempi dell’Opera del Duomo poco
agibili per le forti pendenze -
-
l’introduzione dei carri
matti a garanzia di un più rapido trasporto e un minor
danneggiamento del legname
- la costruzione di una segheria ad acqua
nella foresta della Lama, i cui scarti alimentavano una vetraria;
-
l’introduzione di specie
animali per incrementare la fauna della tenuta granducale quali:
cervi e daini trasportati dalla Germania; mufloni prelevati
in Sardegna e un gran numero di specie volatili, provenienti
da ogni parte del mondo (Sansone 1915).
Durante il periodo della
gestione di Siemoni e dei suoi successori, furono realizzati numerosi
altri impianti di acclimatazione, dei quali oggi rimangono poche
tracce. Un impianto realizzato nella Foresta della Lama sulla particella.
forestale n° 73, dove sono ancora visibili: uno stupendo esemplare
di Sequoiadendron giganteum ( Lindl.) Buchholz, due esemplari
di Calocedrus decurrens (Torr.) Florin, due notevoli Thuja
plicata Donn ex D. Don. e due vetusti esemplari di Juniperus
virginiana L. Sulla medesima particella, in località
denominata "Fornino", vegetano tutt'ora alcuni esemplari di Acer
monspessulanum L. e cespugliose Quercus ilex L., sicuramente
residui dello stesso impianto.
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Alla Lama - dietro la Chiesina realizzata
nel 1962 dall'Amministratore Dott. Clauser - esiste un
altro piccolo arboreto, impiantato in epoca più
recente durante la gestione dei figli del Siemoni sulla particella
forestale n° 103. Alla medesima gestione appartengono le piantagioni
realizzate sulle particelle forestali n° 98 e 102 (G. Bernetti,198).
Queste ultime particelle caratterizzate da vaste zone
rocciose - situate sopra il Posto di Guardia del C.F.S.
della Lama- , erano sul finire del secolo scorso interamente
coperte da Brachypodium spp., e prive per la maggior
parte di vegetazione arborea a causa dall'alterazione dell'ambiente
naturale poichè gli amministratori dell'Opera del Duomo vi
consentivano il pascolo intensivo ed incontrollato di ovini
e caprini. Il Gabbrielli nel 1978 in
base a dati raccolti riferisce che il Siemoni aveva realizzato
nella Foresta di Campigna in località
Bornia un piccolo arboreto, del quale non esiste più
nessuna traccia, nel quale aveva piantato trentadue piante,
che di seguito riportiamo con i nomi indicati dallo stesso
Siemoni:
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Interessante è la particella
forestale n° 175, situata sotto la Cima del Termine, in prossimità
del Fosso delle Spiagge, uno degli ultimi impianti realizzati al
tempo del Siemoni che ancora sopravvive.
Su questa particella, utilizzata fin dall’antichità come pascolo per
i bovini, Siemoni impiantò
un bosco di Picea abies (L.) Karsten, utilizzando un sesto
di impianto molto rado, come dimostra la presenza di ramificazioni
anche nella parte più bassa dei fusti. Questi alberi fortunatamente
sono scampati a tagli indiscriminati della gestione privata, in
particolar modo a quella della Soc. Anonima Industrie Forestali,
oltre che a quelli di altri più recenti interventi. Questa residua
e vetusta particella rappresenta un lembo importante della storia
forestale italiana.
A Sala di Pratovecchio,
intorno alla Villa costruita dal Siemoni, è tutt'oggi visibile un
vasto parco ricco di specie esotiche, che meriterebbe di essere
meglio curato.
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Durante la gestione Siemoni
la sperimentazione non si limitò alle sole specie arboree
ma furono introdotti numerosi arbusti, alcuni tutt'oggi sopravvivono
in rari esemplari come il Viburnum tinus L., introdotto
nell'anno 1860, che il Vice-Revisore Checcacci riscontrò
presente nella località del Puntone di Federico e su
alcune scogliere nella zona di Poggio alla Seghettina.
Per quanto riguarda l'’introduzione di
specie esotiche
nelle Foreste Casentinesi, abbiamo notizie certe riportate
sul libro: Sguardo sulla Foresta Imperiale e Reale del
Casentino e sul suo trattamento, stampato in Firenze dalla
Tipografia Carnesecchi nel 1878, in occasione dell’Esposizione
Universale di Parigi. In questa pubblicazione redatta in francese
oltre agli importanti riferimenti relativi agli innovativi
ed originali metodi di gestione vengono riportati i nominativi
delle principali piante spontanee o introdotte.
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Per quanto concerne le
specie esotiche vengono indicati l'anno di introduzione, i dati
inerenti l’evoluzione del loro sviluppo nel tempo, nonché
la loro capacità di introdurre semi fertili, da utilizzare
per la riproduzione in vivaio di piante per il rimboscamento.
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